Le mani e la memoria di Timur Kerim Incedayi - Maurizio Marini 2007

"Noi pittori avemo da parlare con le mani" (Paolo Veronese)
Il pensiero di Paolo Veronese che ho riportato in apertura è, quanto mai vero nel caso di questi quadri che Timur Incedayi dedica alla memoria di suo figlio Kerem. Non è solo la tragedia di una scomparsa anzi tempo e contronatura (un figlio che premuore ai genitori...) ma il dolore che si tramuta in speranza e desiderio di una nuova creazione quale solo un artista può tentare di porre in atto. Le mani del pittore e la memoria del padre restituiscono con i mezzi che gli sono più consoni, le immagini extracroniche di un esistenza lirica, ma come detto, fuori tempo. Il linguaggio di Timur è ancora composto di un intensa emotività che si esprime con colori e suggestioni che sembrano congiungere due mondi e due estetiche, nonché due tempi. Ma, in fondo, non potrebbe essere altrimenti! Timur è un artista la cui visione è figlia di due continenti: un Bosforo d'immagini, forme che si condensano col colore come l'acqua del mare virata dalle luci dell'alba o del tramonto. L Nondimeno le immagini sono ora malinconiche, ma non tristi. La memoria riporta Kerem alla vita e le mani lo pongono in groppa a un elefante secondo l'antica metafora dell'intelligenza (e in questo caso coniugata con la dolcezza) che guida la forza (bruta, ma La memoria dell'elefante è proverbiale). Tuttavia il giovane cavallo bianco, protagonista di un altro quadro, sta cedendo, esausto, a una fatica esistenziale che la scarsa esperienza non si attendeva, sconfinando nella metafora della follia il cui emblema, da sempre, è il cavallo. Un Perseo sospeso in aria intento a salvare un Andromeda comunque irraggiungibile; sogno di un Icaro che osserva il volo dell' aquila come un Marte (o un Achille) pacifico e disarmato...l'immensità dei cieli parrebbe tanto vicina e raggiungibile...ma, se nella vita i fiori si seccano, nel capitello, che pure regge un'aggressiva pantera nera, è la pittura a dare loro vita, colore ed eternità.

Maurizio Marini


STEFANIA MASSARI - dal libro per la mostra " Nell'assenza di Kerem " - 2007

Conosco da sempre Timur e pertanto ho conosciuto Kerem, il giovane ragazzo nella cui anima, come per miracolo era racchiusa l'incredibile e profonda sensibilità del padre. Un'anima ricchissima da Kerem fatta percepire solo attraverso sguardi fuggitivi, timidi sorrisi che rivelavano, a chi lo conosceva bene, la straordinaria ricchezza del suo mondo interiore. Un mondo infinitamente remoto e misterioso, che come molti adolescenti, si sforzava di comprendere, per capirne il segreto, per cogliere il senso stesso dell'esistenza, quell'enigma insoluto che, come sappiamo, porta inevitabilmente con sè il concetto della solitudine.
Quella solitudine ammaliante che si ritrova nei luoghi magici evocati da Timur, nelle sue visioni vibranti di interna commozione.
Solo poche linee, essenziali, percorrono ogni volta, la L'usata delle tele, evanescenti tocchi che, come un sussurro, fanno appello all'immaginazione dell'osservatore sollecitato a trasformare in pienezza ciò che, ad un primo sguardo appare solo accennato. Visioni di sogno, ma anche reali al pari degli stati irrazionali, nelle fantasmagorie dell'inconscio che sottendono alle immagini di Timur. Così il singolo frammento di ciò che, di volta in volta, appare nei dipinti si trasforma in una unità superiore al di là di ogni apparente contraddizione.
Le vedute, gli oggetti non hanno contorni precisi, ma fluttuano in un continuo cromatico percorso dalle diverse vibrazioni luminose. Luci, ombre, mezzi toni, evanescenze sono infatti, gli elementi portanti per la costruzione delle immagini la cui dimensione e profondità è suggerita unicamente dal calcolato valore spaziale dei colori piuttosto che dalle linee.
Arte non di mimesi ma di evocazione, di ricordi, di antiche memorie. Di qui nasce la predilezione di Timur per l'indefinibile, spesso solo suggerito nell'incertezza della luce crepuscolare, la realtà visibile muta, perde i suoi contorni sfuma nell'ambiguità sottintendendo quel "LINGUAGGIO MISTERIOSO" proprio dell'artista del quale Kerem certo era partecipe.
Il giovane tanto affascinato dalla figura paterna, non poteva non cogliere quell'ordine inquietante del mondo interiore, che traspare nei dipinti di Timur in cui, a saper guardare, si riesce a cogliere la presenza del mistero stesso della vita e quell'esperienza estrema di confine, che si realizza, grazie all'arte, fra la vita e la morte.

Stefania Massari

 

Cavit Sarioglu – dal libro per la mostra "Nell'asseza di Kerem" 2007

Kerem,
ti ho conosciuto un giorno in un quadro magistralmente dipinto dal mio amico Timur, ti ho riconosciuto nello sguardo intenso con cui Apollo scrutava il Mediterraneo blu, che agitato più che mai, rispecchiava la tua anima.
Eri seduto per riprendere fiato su di un capitello corinzio, caduto da resti di civiltà che ormai appartengono al mare.
Da li ci hai osservati e, ti sei fatto osservare , finchè con la stessa dignità mistica degli déi del "nostro" mare, hai deciso di ritornare al tuo regno, nel grembo del Mediterraneo che Ti e Ci appartiene.
Ogni volta che passo davanti al tuo mistico sorriso, mi riempio di gioia e di speranza per il domani.
Grazie Kerem

Cavit Sarioglu

 

Jefi Kami - dal libro per la mostra "nell'assenza di Kerem" 2007

Un mattino d'estate in riva al mare a Yalikavak in un locale alla moda.
Un pittore conosciuto e la sua famiglia si presentano.
Io nonostante conoscessi già le opere dell'artista Timur, ero ben felice di conoscerlo.
Mi presento: Jefi...
si presenta: io....e Kerem
in un misto di italiano e turco cominciamo a chiacchierare con Kerem...
In breve i bambini diventano adolescenti...
T
imur mi prega: - Jefi, mi piacerebbe che i ragazzi continuassero ad amare questo luogo, e mantenere così le loro radici.
Richiesta superflua, perché tutto ciò avviene naturalmente...
Hanno amato e si sono amati.
Ogni estate il rituale si ripete e la costruzione della casa di Timur prosegue.
La mattina: - sono a casa i ragazzi?
La sera: - possiamo scendere giù in paese? Di nascosto bevono una birra
La prima discoteca e le prime discussioni della vita.
Il crescere porta nuove curiosità e prime ribellioni, passi innocenti ma, essenziali.
Anche se con preoccupazione si accetta: ognuno si pone domande, giudica la vita secondo il proprio pensiero.
Kerem, ci mancherai tanto.

Jefi Karnhi

 

Loredana Raciti – dal libro per la mostra "nell'asseza di Kerm "

Il sole luminoso e morbido, in quel mattino di fine luglio ti illumina gli occhi mentre una leggera brezza marina sinuosa, appena ti sfiora la bella bocca carnosa che accenna un sorriso chiuso e dolce. Ridiamo teneramente e ci raccontiamo cose di circostanza e intuisco che non hai davvero voglia di racconti comuni, fatti da molti . Hai ragione! Penso senza dirtelo c'è altro di cui parlare e respirare , hai ragione! Cerchiamo il silenzio e percepiamo.
Spesso ripenso a quella leggera e gaia estate, a ciò che mi hai lasciato ,in un piccolo tratto, in un accenno di sguardo. E sento come una calda rassicurazione di felicitò la certezza che ci sono esseri-luminosi che ci irradiano in un breve tempo la nostra strada terrena, parlandoci del!' universo.
Tu sei l'infinito e vivi bello ed eternamente giovane mentre noi ancora solo passi di dolore per arrivare a comprendere il vero volto della vita.

Loredana Raciti